un lungo racconto…

Racconto psicologico ambientato nel Medioevo da leggere, scaricare, stampare free

L  E    O  S  S  A

Racconto di A.R.D.

copyright Feb/2011 – tutti i diritti riservati – è consentito
scaricare/stampare free solo
per lettura personale: escluso ogni altro uso

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Un condottiero del XII secolo: il suo cammino interiore…
fino alle Ossa.

Avvertenza. Il racconto è intero: qui in post ne pubblico solo l’inizio essendo
racconto molto lungo, che d’altra parte non si presta alla lettura on line. Se vuoi comunque
leggerlo a video senza scaricarlo: clic su download e scegli Apri invece di Salva.

 

     “Nulla è più desolante che percorrere gelide terre senza alcuna voglia di giungere alla meta…”
     Questo pensava e questo si ripeteva il nuovo signore del Feudo delle Ossa, mentre vi si recava a prenderne possesso, col suo breve seguito di pochissimi armati e di un carro trainato dai buoi. E lo pensava e se lo ripeteva masticando triste quelle parole fra i denti, nel procedere lento del lungo cammino.
     “Ho condotto l’esercito alla vittoria, ho spianato entrambe le città, non ho lasciato nessuno che possa raccontare d’esser rimasto vivo… e questa la ricompensa…! Le Ossa.”
     A lui, ad Arimanno vittorioso, quel magro feudo…! Una breve striscia dimenticata fra le montagne: cumuli rocciosi da una parte, cumuli pietrosi dall’altra, e nel mezzo più sassi che grani di terra.
     Dannato Anastasio che proprio ora doveva morire…! Senza eredi e lasciando disponibile quel beneficio.
     “Nulla è più desolante che percorrere gelide terre senza alcuna voglia di giungere alla meta…”
     – Mi apparite stanco, signore… Volete che si anticipi la sosta?
     – No, Cuniberto… Proseguiamo per altro tratto ancora. Sono stanco, è vero… e sono afflitto da questo gelo. Me ne sento opprimere più nel petto che nelle carni.
     – Eh…! Nulla è più desolante che percorrere gelide terre.
     Arimanno si volse a scrutarlo:
     – Senza alcuna voglia di…?
     – Come dite, signore?
     – Niente… –  sfilò un guanto e si massaggiò il collo.
     Nonostante la grande stanchezza e gli anni, la sua persona forte e asciutta si teneva diritta sul destriero.
     “E ho sonno… Maledetti sogni che non mi lasciano dormire…! Di notte i sogni a tenermi desto, di giorno il sonno a tenermi stanco. Come vorrei che i sogni venissero a me di giorno…! Li governerei. Con gli occhi aperti i sogni non…”
     – A volte… –  cominciò a dire Cuniberto  – A volte ripenso a quando nella gioventù facevo sogni ad occhi aperti. E mi…
     Arimanno ebbe uno scatto che indusse il cavallo a fermarsi. Cuniberto fermò il proprio:
     – Che avviene?
     – Niente… Sono davvero stanco. Anticipiamo la sosta.
     – Voi dormite troppo poco. La notte vi alzate… camminate invece di riposare. E il giorno…
     – Taci, Cuniberto. Non dirmi per la terza volta i miei pensieri.
     Cuniberto lo guardò senza capire. Ma tacque.

Come specificato in Avvertenza, per leggere a video l’intero racconto
senza scaricarlo: clic su download e poi Apri invece di Salva.

Personaggi… creature incredibili…!

racconti di pioggiamarea, da leggere, da scaricare free, da stampare
storie medievali e contemporanee

Il segreto del pittore di anime.

 racconto  di  A.R.D.

 copyright 05/’10 – pubblicato in rete 08/’10 in un sito di racconti –
è consentito scaricare e stampare free solo per lettura personale: escluso ogni altro uso –

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(il racconto è intero: se appare il link “continua” cliccarvi per leggere tutto) 

    Quegli occhi… vedono! E… respira…
     – Di più. Pensa.
     – Una pittura… come dire? Da principiante. Eppure le figure di questo artista hanno qualcosa di sovrannaturale. Sono vive, ecco.
     – Anche i critici, pur stracciandolo sotto il profilo pittorico, ne hanno riconosciuto l’eccezionalità. Questi quadri sono meraviglie…!
     La sala modesta, per modeste esposizioni, imprevedutamente accoglieva in quei giorni un pubblico esigente e raffinato, richiamato dalla stupefatta eco destata dalle opere in mostra; e per la prima volta il suo pavimento ordinario era stato calpestato dalle elette suole dei critici d’arte.
     Quel pittore sconosciuto, spuntato come un fungo, che non era nemmeno un pittore, che in tutta la sua vita aveva dipinto sì e no una quindicina di paesaggi banalissimi per amici e parenti, s’era messo in vecchiaia a dipingere figure umane: non ritratti, personaggi di fantasia; in costumi storici pure questi di fantasia, impossibili da collocare nel tempo, fra gli ingenui anacronismi.
     E quelle figure erano vive. Se ne percepiva l’interiorità, e la passione, e il carattere, il pensiero, i ricordi… l’anima!

     Un simile risultato nessuno riusciva a spiegarselo. Le membra dalle proporzioni bizzarre, i rilievi anatomici del tutto stravaganti, i volti privi di accorgimenti d’espressione, le ombre dalle traiettorie improbabili, i punti di luce distribuiti a piacimento, le prospettive lunatiche, la disposizione degli spazi sbilanciata, i colori dati così come usciti dai tubetti, il panneggio elementare, le carnagioni come le avrebbe rese un bambino… Eppure, su quelle tele, in quelle cornici, c’erano persone.
     E pareva, guardandole, che narrassero le proprie storie: nessuno avrebbe saputo poi riferire quali storie, ma ognuno dentro di sé era certo di averle sentite e ne conservava l’impressione.
     – Come ottiene tali effetti nella più totale assenza di strategie pittoriche?
     – Davvero non lo so. E’ un mistero. E darei non so cosa per… Che accade? Perché applaudono? Oh ma… deve essere giunto il pittore…
     – Eccolo, è lui. Guarda! Ci sono telecamere… giornalisti…
     – Povero vecchio… sembra disorientato… smarrito…
     La gente gli si stringe attorno, e le domande si sovrappongono, ma non sono tutte che un’unica domanda:
     – Maestro… ma come fa?
     Il pittore è frastornato, comunque sorride di un sorriso gentile. Nel silenzio sopravvenuto, denso dell’attesa della sua risposta, risponde a voce bassa:
     – Quando dipingo i miei personaggi… io ci metto il cuore… e ci metto l’anima. Tutto qui.
     – E si sente, maestro. Davvero lei dipinge col cuore e con l’anima!
     – Non intendevo questo… Volevo dire… Non importa.
     Nella folla c’è un giovane che se ne sta muto e livido; e rigido… tanto è forte la vibrazione che gli percorre il corpo. Il pittore ne è richiamato dagli occhi come di pazzo: occhi nei quali vede la volontà, anzi il bisogno, di uccidere.
     E nei quali vede di essere l’oggetto di quel tumulto omicida.
     Gli si accosta:
     – Vieni a trovarmi… anche stasera stessa…
     Si volge al proprio accompagnatore a dire piano:
     – Scrivigli l’indirizzo…

 

 

    Nonno, c’è un’altra visita…
     – Basta, piccola… basta… sono stanco… Voglio andare a coricarmi.
     – Ha detto che tu gli hai detto di venire…
     – Ah… ho capito. Di’ alla mamma di farlo entrare.
     Si siede in una delle poltroncine di vimini dell’ampio soggiorno:
     – Entra… chiudi la porta… vieni… siedi… siedi qui vicino a me. Son contento che tu sia venuto… Raccontami qualcosa di te… chi sei…
     Il giovane tiene le labbra serrate strettamente, così frenando l’orda di parole che spinge da dentro.
     – Che ti accade ragazzo? Cosa ti tormenta? Parla…
     Gli occhi del giovane percorrono febbrili la stanza: ripudiano la busta del supermercato che ancora avvolge una tela nuova, sul cavalletto; si spostano al tavolino a lato, dove contano cinque pennelli in un vasetto e patiscono sul kit dei colori ad olio per dilettanti; ripiegano tristi a fissarsi sulla lattina dell’acquaragia:
     – Io… sto male… sto male…
     Il pittore gli guarda le mani e, pur senza toccarle, sente che sono fredde e madide.
     L’altro, come avesse avvertito quella percezione, le stringe a pugno e ficca i pugni nelle tasche della giacchetta dalle maniche ormai corte ai polsi; lo sguardo sempre fisso:
     – Io vi odio… e vorrei uccidervi. Mi vergogno di me… sto morendo di invidia.
     Ritrae gli occhi dall’acquaragia, li punta in faccia al pittore:
     – Vi odio… e soffro. Non sono nel giusto, lo so, ma non capisco perché voi abbiate ricevuto tanto riconoscimento… tutto questo successo… Voi non siete pittore. E avete venduto tutti i vostri quadri… i vostri quadri… Che sono brutti! Sbagliati! Malfatti! Ah lo so, lo so, sono sublimi, me ne sono accorto… Voi ci mettete il cuore e l’anima… E io allora? Io no? Anch’io ci metto il cuore e l’anima! Ho passato notti intere a dipingere preso da passione… Ho sopportato la stanchezza, la fame, tutto… Ho dipinto centinaia di tele! Che non ho preso al supermercato. E ho studiato…! E non mi sono mai risparmiato… E i miei quadri sono perfetti! Capite? Perfetti! Ma le mie figure sono piatte! Piatte! Piatte!
     Si alza e cammina concitato per la stanza; e le scarpe sciupate, dai tacchi consumati, nulla tolgono all’impeto dei suoi passi esuberanti:
     – E tacciono! Perché? Perché tacciono? Eppure anch’io dipingo col cuore e con l’anima! Anch’io! Ma loro non hanno anima! Non l’hanno! Perché? E devo vedere che l’hanno invece le figure sbilenche e sciancate che voi accozzate coi vostri orrendi colori pasticciati sulle vostre stuoie…! Come vorrei uccidervi…! Sono malvagio e non lo sapevo… Non sapevo di essere capace di tanta rabbia… di invidia… di odio… Io non mi conoscevo… Vi odio anche per questo… perché mi avete fatto diventare cattivo! E penso che… voi siete un vecchio ormai…! A che vi serve la fama? E avevate già tutto! Casa… famiglia… Io non ho niente! Niente! E sono giovane… E sono pittore davvero… non come voi che non lo siete! Non lo siete! Non lo siete!! E non è giusto! Non è giusto!!
     – Sì, hai ragione… Non è giusto…
     – Lo capite che mi avete rubato la pace?
     Torna a sedersi vicino al vecchio e scoppia a piangere:
     – Non ce la faccio… Non sopporto tutto questo… Sto male… Io non voglio essere così… Non voglio essere così! Io ho paura di me stesso… Salvatemi… Salvatemi…!
     – Sì… sì… aspetta… Una cosa alla volta.
     E facendo leva sui braccioli il vecchio si alza, apre un cassettino, prende un pacchetto di fazzoletti:
     – Su… soffiati il naso.
     Camminando piano e un po’ curvo, raggiunge la porta che dà nella cucina; l’apre ad affacciarsi:
     – Puoi preparare una tazza di latte ben caldo? Con molto zucchero e tanto cacao. Me lo fai portare dalla bambina.
     Ritorna alla sua poltroncina:
     – Ora ragioniamo un poco. Finire in galera per far morire un vecchio che morirà comunque… mhm… lascia stare. Vediamo invece cosa posso fare per aiutarti.
     – Non lo so… Non potete aiutarmi… Nessuno mi può aiu… Sì… Forse invece voi potete…
     E la bocca del giovane si serra di nuovo, non osando ancora chiedere ciò che gli occhi imperiosi già osano.
     – Chiedi pure… Se è cosa che posso, la farò.
     – Il vostro segreto. Ditemi il vostro segreto… Voi avete di certo un segreto. Deve esserci! Ditemelo… ve ne prego… Oh, perdonatemi… Ogni pittore ha i suoi segreti e… non si deve chiedere. Perdonatemi… ma ditemelo! Io ho imparato tanto… ma non so come si fa a dipingere l’anima. Siete maestro? Insegnatemi!
     Il vecchio annuisce:
     – Dici cose molto sensate. Eh…! Ai pittori piace essere chiamati maestri, e tanti da sé stessi si definiscono tali, ma… non è maestro chi tiene per sé il proprio sapere. Sarebbe meglio se si ricorresse a un appellativo diverso. Ora calmati, te lo dirò… Ti dirò il mio segreto. Lo farò molto volentieri. Non voglio morire senza averlo trasmesso. Così meriterò almeno in parte il titolo che da un po’ di giorni mi è piovuto addosso. E ti renderò la pace che ti ho tolto.
     – Davvero…? Davvero… mi fareste vedere come fate…?
     – Basterà che te lo spieghi. In verità mi vergogno un poco a parlarne… E’ una cosa così… infantile…
     Si sente aprirsi la porta della cucina: la bambina entra e si avvicina con passi attenti, tenendo con ambe le mani un piattino con la tazza di latte.
     – Grazie, cara. Vai… e richiudi la porta. E’ brava quella piccina… Ecco, bevi questo… ti farà bene. Ssst… Lo devi bere.
     Attende fino a che il giovane non posa la tazza svuotata sul mobiletto accanto.
     – E dunque ascolta. Vedi… dopo che ho abbozzato la figura, io ci metto il cuore… capiscimi bene… ce lo dipingo… ci dipingo il cuore. Per darle la vita. Per darle la vita, sì… Lo faccio con poco colore, ben diluito con la trementina, così che non possa poi trasparire. E infatti quando dopo dipingo il vestito sopra… non si vede nulla. Ma il risultato è che quella figura è viva…!
     – Mi… mi state prendendo in giro…?
     – No figliolo, ti sto dicendo la verità. Io stesso ne restai sorpreso… non ne avevo certo previsto l’effetto… Voglio dire… Quando per la prima volta pensai di dipingere una figura umana, l’abbozzai e poi… così…! Mi venne l’impulso di metterci il cuore. Mi sembrò una cosa sciocca, da vecchio rimbambito, o diciamo rimbambinito, tanto per restituire al termine il suo senso originario. Ma per quanto sciocca… sentii che ormai avevo pensato di farla, questa cosa, e sentii che se non l’avessi fatta sarei poi rimasto col rimorso di aver privato quel personaggio del suo cuore. Si è responsabili delle proprie creature…! E allora… sai… aspettai che nessuno mi vedesse… dipinsi il cuore di nascosto… di nascosto come un bambino… e fui contento di averlo fatto. E ho continuato a farlo. I miei personaggi hanno tutti ciascuno il proprio cuore.
     – Non… riesco a… credere… che questa cosa possa…
     – Ah ma… bada che la vita non basta. Bisogna metterci anche l’anima. Questo pensai, che ci volesse pure l’anima. Ma neanch’io so come si fa a dipingerla… e credo proprio che non si possa. Come fare allora? Provai a soffiarci, sul cuore dipinto… e mi sentii peccatore e smanioso di onnipotenza. E quel soffio poi… uscito dalla mia dentiera… Lasciai stare i soffi. Però pensai: Dio volle che ogni creatura avesse un nome… e ne affidò ad Adamo il compito! Dunque questo potevo farlo anch’io. Il nome è importante… Col nome diamo riconoscimento all’esistenza degli altri. E quando di qualcuno pronunciamo il nome, non ce ne accorgiamo, ma in quel momento, in quell’unica sola parola, diciamo la storia di quel qualcuno, e chi è, e come è, e come e cosa è per noi. Non… sei d’accordo?
    
– Sì… Sì, certo… E allora?
     – E allora ecco: fatto il cuore, io sopra ci scrivo il nome che ho scelto per la mia creatura… ce lo dipingo col pennellino sottile. E a questo punto… accade il miracolo: quel personaggio diviene indipendente da me, con una volontà propria. Io non decido quasi più nulla. Capisci? La mia mano smette di obbedirmi, e dipinge guidata dal personaggio stesso, così come vuole e ciò che vuole. Pensa… c’era del blu rimasto… avevo premuto troppo il tubetto… e avrei voluto usarlo per la veste della castellana pattinatrice… l’hai presente? Ma lei la volle rossa!
     – Lei la volle rossa… –  ripete lentamente il giovane.
     – Un tipo capriccioso. Me ne ha dati di problemi…! Sui suoi pattini a rotelle i critici hanno storto i nasi… e per colpa sua! Passò in questa stanza la mia nipotina, coi pattini… e la castellana ne fu presa dalla voglia. Bisogna capirla… ai suoi tempi non esistevano. Il quadro era ormai quasi terminato… ma niente da fare: dovetti accontentarla e modificare anche se non avevo più lo spazio sufficiente. Ed è venuta un po’ corta di gambe… un po’ corta di gambe, sì… Io l’avevo fatta seduta!
     – Eh ma… quando si vede qualcuno andare sui pattini… davvero si è subito presi dalla voglia di… –  si riscuote e si alza in piedi  – Non so, non so… Sono confuso… Non so che pensare di voi… di quanto mi avete detto… E’ tutto così incredibile…!
     Anche il vecchio si alza:
     – Eppure è invece semplice come l’acqua. O almeno… incredibile non più dell’acqua. I miei personaggi hanno tutti il cuore, nascosto sotto i panni, e quindi sono vivi… E ognuno di loro ha il proprio nome dentro, e dunque ha i propri pensieri, e sentimenti, e desideri, e la propria volontà, la propria storia… Ha l’anima!
     – Io… non so… Possibile che basti dipingere un cuore e un nome?!
     – A me è bastato. E vedrai che il tuo successo soppianterà il mio: tu potrai aggiungere la perfezione pittorica che a me manca. E… i tuoi personaggi aggiungeranno l’imperfezione che a te manca.
     – L’imperfezione… Sì, credo abbiate ragione… Forse devo imparare ad essere pittore anche imperfetto…
     – Ma no, non devi. O saresti capace di rendere perfetta pure l’imperfezione. No… lascia fare a loro. Così come Dio lascia fare a noi.
     – Comunque, io non voglio… soppiantare… Ma se davvero ciò accadesse, a voi… non dispiacerà…?
     – Ne sarò contento. La folla… i critici… i giornalisti… non son cose per me oramai. Io sono vecchio, non ho che poco tempo davanti… e non ho tanta forza per dipingere… mi ci stanco. Continuerai tu anche per me. Tu che davvero sei pittore. E’ giusto così. E ritroverai la tua pace.

 

 

    La porta del soggiorno si spalanca di colpo:
     – Non funziona!!
     Il giovane entrato con irruenza butta contro una parete una grande tela, ne strappa la carta di imballaggio:
     – Ho fatto come avete detto… e che ho ottenuto? Non ho mai dipinto una figura più muta di questa! Ho anche atteso per giorni e giorni che accadesse qualcosa… Ma niente! Niente! Non funziona!
     – Calmati… Fammi vedere… Ma che splendore…! Che pittura incantevole… Che stile originale… Un talento raro…! Sei artista davvero. Mhm… effettivamente però… c’è uno strano silenzio… Non comprendo…
     – Comprendo io. Siete fuori di testa e quale sia il vostro segreto non lo sapete nemmeno voi. Oppure mi avete raccontato bubbole per non dirmelo… Ah, ora non mi sento mica tanto malvagio… il vostro scherzo è stato più malvagio della mia invidia. Io vi ho parlato con sincerità, mi sono confessato a voi, in tutta la mia vergogna… e voi forse vi siete fatto beffe di me…
     – No, no figliolo, ti prego, credimi… Se tu ti calmi, possiamo cercare di capire perché…
     – Cosa c’è da capire? –  l’interrompe l’altro furioso  – Io ho fatto tutto così come mi avete detto. Cretino che sono…! Rimbambinito appresso a voi…
     – Senti, io vorrei accertare. La pittura è ancora abbastanza fresca… Posso toglierne un po’ per guardare al di sotto…? Però il quadro forse resterà rovinato… Forse non si riuscirà poi a ripararlo senza che ne resti traccia…
     – Forse…?! E’ ovvio che ne resti traccia! Ma che mi importa… Non importa a nessuno se un mio quadro si rovina…
     – Smetti di compiangerti… e aiutami piuttosto: libera il cavalletto e sistemaci la tua tela. Io intanto… Dove ho lasciato gli occhiali? Eccoli…
     Quindi prende da un cassetto una pezzuola, la bagna di diluente e si dà a strofinare con attenzione sul petto della figura, asportandone pian piano il colore dell’abito.
     – Ci siamo… Comincio a intravedere il cuore… e mi pare che tu le abbia fatto proprio un bel cuore. Questa ragazza è viva… sì.
     Il giovane, con un vago gesto della mano, li manda al diavolo entrambi, e se ne va a borbottare contro un vetro della grande finestra.
     Il vecchio bagna un angolo pulito della pezzuola:
     – Ora vediamo se riusciamo a capire perché tace.
     E riprende a strofinare, delicatamente, fino a poter leggere il nome.
     – Benedetto ragazzo… che hai combinato?
     – Cosa… Che?
     – Tu qui ci hai messo il tuo stesso nome!
     Inebetito l’altro si avvicina:
     – Non… non me ne sono accorto…
     – Forse… intendevi rappresentare te stesso… in costei?
     – No… No, non sono io. Credo di avere sbagliato per l’abitudine a firmare…
     – E allora capisci? Questa poverina è viva ma… non sa chi sia… o chi essere.
     Il capo chino e gli occhi chiusi, il giovane annuisce più volte.
     – La creazione è… un dono –  gli dice il vecchio  – Tu non hai donato! Non abbastanza! Non ti sei fatto da parte, ecco.
     L’altro gli prende lo straccino e si adopra a cancellare la firma da quel cuore; a ogni poco passandosi sugli occhi le dita della sinistra, per toglier via le lacrime di dolorosa mortificazione.
     – Non avvilirti… Sei giovane… hai tutto il tempo per imparare a scansarti dal centro del mondo. Ora riprendi la tua tela e va’ a casa. Mettici il nome che hai dato a questa ragazza, e poi risistemale l’abito. Non fa nulla se si vedrà la riparazione… Anzi, quando questa tua creatura narrerà la propria storia, racconterà anche della rinuncia che hai fatto per amor suo; e mostrerà, a testimonianza, il suo vestito… rammendato.

 

FINE

A.R.D., marzo 2010

 

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